Ormai i social diventano la principale piattaforma di comunicazione in molti livelli della vita quotidiana. Si affermano sempre di più le figure degli influencer, comunicatori in grado di catalizzare numeri elevati di followers ed avere su di loro un grande impatto. Le discussioni sui social diventano lunghe, polemiche e litigiose, che si parli di cultura, sport, o politica. Tra l’altro molti politici colgono l’importanza di essere presenti sui social media, e li sfruttano per spingere ideologie populiste, di facile presa su un pubblico tendenzialmente stanco, arrabbiato e disilluso dalla politica “tradizionale” che non ha saputo gestire problematiche sociali come il flusso migratorio, la crisi economica e la questione del clima, oltre ai sanguinosi attentati dell’estremismo islamico che nel 2015 si abbattono su Parigi, contro la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e contro il locale Bataclan. Quest’ultimo, in particolare, si innesta in un conflitto più ampio, perché a compierlo è stata una cella dello Stato Islamico, un’entità statale estremista nata nel 2013 nel vuoto di potere creato dalle guerre civili in Medio Oriente. Lo Stato Islamico è responsabile di numerosi attentati sia in Occidente che negli stati limitrofi, oltre che per la veloce avanzata nei territori siriani e iracheni sconvolti dalle rispettive guerre civili. Il conflitto con lo Stato Islamico ha portato alle luci della ribalta la resistenza curda nella regione autonoma del Rojava, una zona libera organizzata nel confederalismo democratico che ancora oggi combatte contro l’esercito turco.

L’Europa perde uno dei suoi stati membri più influenti: tramite un referendum nel 2016, il Regno Unito opta per l’uscita dall’Unione, ufficializzata poi il 31 gennaio 2020. La Brexit canalizza ancora di più la corrente sovranista presente in tutta Europa, dando spazio alla destra nazionalista in molti dei paesi membri.

In un clima sempre più acceso, la guerra torna alle porte d’Europa: il 24 febbraio 2022 le forze armate russe invadono l’Ucraina. I rapporti tra i due stati erano già in crisi da anni, in seguito alle proteste di Euromaidan del 2013 e la rivoluzione ucraina del 2014, che portano alle dimissioni del governo filoputiniano in favore di una leadership più vicina all’Unione Europea; da parte russa invece l’incrinatura avviene in seguito all’annessione della Crimea nel 2014, in seguito ad un referendum internazionalmente contestato nel quale i crimeani votarono per l’unione con la Russia. Il conflitto aperto inizia ufficialmente sempre nel 2014 nel Donbass, regione ucraina di confine dalle tendenze separatiste. Inizialmente gli scontri sono confinati in quella zona, ma nel febbraio 2022 il conflitto si estende a tutta l’Ucraina.

Il conflitto russo-ucraino non aiuta in un periodo già estremamente complicato: scoppia nel febbraio del 2020 la pandemia di Covid-19, ancora non del tutto terminata, che ha reclamato la vita di moltissime persone e ha accentuato la transizione verso una vita online. La pandemia ha quindi cambiato ulteriormente il modo in cui ci relazioniamo, creando delle distanze fisiche e accorciando le distanze virtuali.
Oltre al Covid e alla guerra, un’altra grande problematica è sulla bocca di tutti: quella del cambiamento climatico. Nonostante gli scienziati stiano avvisando da decenni che l’emergenza è sempre più pressante, soltanto ora, soprattutto grazie alle nuove generazioni, l’opinione pubblica sta chiedendo a gran voce delle politiche serie e delle soluzioni concrete per salvaguardare il nostro pianeta.

Filmografia

Majdan, Sergei Loznitsa, 2014

Donbass, Sergei Loznitsa, 2018

Death to 2020, Al Campbell – Alice Mathias, 2020

Death to 2021, Jack Clough – Josh Ruben, 2021

Don’t look up, Adam McKay, 2021