L’Istituto e Ferruccio Parri
L’Istituto Storico Parri di Bologna nasce nel 1963, nel solco e come articolazione regionale del milanese Insmli (Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia): la sua prima denominazione era “Deputazione per l’Emilia e la Romagna per la storia del movimento della Resistenza e della guerra di Liberazione”.
In realtà la prima idea di un luogo nazionale in cui porre a valore la vicenda resistenziale risale al 1947, anno in cui Ferruccio Parri pone il problema della conservazione del patrimonio della Resistenza: decisione che aveva portato alla fondazione della prima sede milanese nel 1949, in una fase storica nella quale la Resistenza faticava a essere accettata sia come fatto storico sia come comune e condiviso nucleo originario della democrazia repubblicana. L’Istituto nazionale, in seguito riconosciuto dalla legge dello Stato n. 3 del 16 gennaio 1967, si pone in prima battuta un obiettivo di raccolta e conservazione delle fonti per la storia di quella fase storica. Ferruccio Parri riteneva strategica la conservazione della documentazione dell’evento resistenziale, per dare valore e dignità archivistica ai documenti e alle carte clandestine del Cln (Comitato di Liberazione Nazionale) e delle singole formazioni partigiane. Sostenere la centralità della Resistenza nella storia d’Italia voleva dire indicare nella cultura antifascista il luogo di costruzione di una nuova democrazia, dialogare con un passato prossimo, ancora presente e vivo e un passato più remoto (che risaliva alle origini del Risorgimento); significava, infine, partecipare alla progettazione dell’Italia futura: della sua cultura civica, politica e istituzionale.
In questa cornice l’Istituto regionale emiliano-romagnolo si era annunciato già il 24 gennaio 1950, quando, nella sala Rossa del Comune di Bologna, si era riunito il Comitato provvisorio bolognese per la difesa del Patrimonio storico della Resistenza. Ne era nato il Comitato promotore per la costituzione in Bologna della “Deputazione per la regione Emilia-Romagna per la storia del Movimento di Liberazione” che assunse forma definitiva il 26 novembre 1962. Nel consolidamento dell’attività dell’Istituto bolognese si manifesta ben presto l’esigenza di affiancare allo sviluppo degli studi sulla Resistenza e dell’antifascismo un ampliamento della conoscenza del fascismo, interesse che presto si estende dalla storia politica e dallo studio del regime alla cultura e alla società in epoca fascista. Una particolare considerazione ha la Guerra civile spagnola che l’Istituto, nel corso degli anni Ottanta, sceglie di privilegiare (caso quasi unico nel panorama italiano), sia attraverso acquisti mirati, sia proponendosi quale naturale destinatario di donazioni dei combattenti italiani, enti e singole persone. È il caso dei fondi dell’Aicvas locale e nazionale (Associazione italiana combattenti volontari antifascisti in Spagna).
L’allargamento dello sguardo, oltre i limiti dei venti mesi della lotta armata, all’insieme della storia d’Italia porta un mutamento dei metodi d’indagine e dei campi di ricerca. Nella nuova fase del rapporto tra storia e politica apertasi sull’onda dell’esplosione delle lotte operaie e della contestazione studentesca della seconda metà degli anni Sessanta, l’attenzione si concentra su temi come il rapporto tra formazioni combattenti e popolazione e le componenti di lotta sociale. Ne consegue un interesse di studio e di raccolta di fonti e di documentazione relativa non soltanto al fascismo in tutti i suoi aspetti, ma all’intera società italiana del Novecento: dal periodo tra le due guerre mondiali al secondo dopoguerra fino all’Italia repubblicana.
Dalla metà degli anni Ottanta si apre una nuova stagione di studi e d’impegno con focus sull’Italia repubblicana e la didattica della storia. Nuovi temi sono il secondo dopoguerra fino a tutti gli anni Cinquanta e il “miracolo economico”, soprattutto rispetto al rapporto tra storia e mass-media nello studio dei modelli culturali proposti al pubblico circa la rappresentazione della società italiana e del suo passato.
In occasione del cinquantesimo anniversario della Resistenza e delle Liberazione l’Istituto torna sui temi della seconda guerra mondiale, nella prospettiva della dimensione europea, studiando il ruolo che aveva avuto la memoria di quanto era accaduto nel primo decennio di vita repubblicana, attraverso accurati percorsi di ricerca.
L’attenzione alla dimensione internazionale e all’intera storia del Novecento si sviluppa ulteriormente negli anni Novanta del Novecento e nei primi Duemila riconfermando uno specifico interesse per il rapporto tra storia e memoria, e di quello tra storia come scienza sociale e divulgazione. Nel 2003 l’assegnazione di una nuova sede da parte del Comune di Bologna nell’ex convento di San Mattia incrementa le possibilità di operare nel territorio e raggiungere un pubblico sempre più eterogeneo. Nella sua nuova sede l’Istituto sviluppa al meglio la propria vocazione di servizio culturale, innanzitutto con una Biblioteca di prestigio, sia per le sue dimensione e per i fondi che raccoglie, sia per le sua fruibilità da parte del pubblico degli studiosi e dei cittadini.
Nel 2013 si apre una nuova fase: confluiscono nell’Istituto Storico Parri tre importanti associazioni fino a quel momento autonome: l’Isrebo – Istituto provinciale di storia della Resistenza “Luciano Bergonzini”, il Landis – Laboratorio nazionale per la didattica della storia e il Cedost – Centro di documentazione storico-politica sullo stragismo.
Da questa fusione scaturisce un istituto che amplia la pluralità delle proprie competenze: si perfeziona il ruolo di servizio culturale attraverso la gestione del consistente patrimonio della Biblioteca e dell’Archivio; si amplia il lavoro di formazione docenti sul campo delle metodologie didattiche laboratoriali e sulla didattica relativa ai grandi temi della storia repubblicana che ancora stentano a imporsi nella pratica dell’insegnamento scolastico; si implementa l’indagine sui nessi fra storia e media audiovisivi esplorati a livello europeo; si potenzia l’azione fattiva nell’ambito del complesso rapporto tra storia e memoria anche per andare incontro alla sempre più diffusa domanda di storia che si definisce nei confini della public history.
La denominazione dell’Istituto nel corso degli anni
2 giugno 1963: Deputazione per l’Emilia e la Romagna per la storia del movimento
della Resistenza e della guerra di Liberazione;
3 novembre 1979: Istituto regionale per la storia della Resistenza e della guerra di
Liberazione in Emilia-Romagna;
6 dicembre 1991: Istituto Regionale Ferruccio Parri per la storia del movimento di
liberazione e dell’età contemporanea in Emilia-Romagna;
30 gennaio 2003: Istituto Storico Parri Emilia-Romagna;
3 Settembre 2013: Istituto per la storia e le memorie del Novecento Parri E-R;
14 Ottobre 2019: Istituto storico Parri – Bologna Metropolitana.
Breve storia della nostra sede
L’Istituto ha sede oggi in Via Sant’Isaia (civici 18 e 20) in una parte dell’ex Convento di San Mattia, palazzo con una lunga storia. Le prime notizie risalgono al 1259 quando una pubblica risoluzione consiliare stabilisce “che fossero date dal pubblico Erario alle monache di S. Mattia nel Borgo delle Muratelle cinquanta lire, e cinquanta Corbe di Grano”. In seguito al prosperare del Monastero del Monte della Guardia, nel 1290 le monache ottengono di potere edificare fuori Porta Saragozza (dove sorge l’attuale chiesa di S. Giuseppe) un nuovo monastero intitolato a S. Mattia, del quale pose la prima pietra il Vescovo di Cervia il 26 agosto 1291.
Il palazzo sarà distrutto durante le guerre del 1357, ma il 16 marzo 1376 inizia la costruzione del Monastero di S. Mattia, destinato a prosperare fino al 1799.
La famiglia delle monache si divide in due famiglie che risiedono in posti separati, ma sono unite per vincolo di regola, di ubbidienza e di carità; sono governate da un’unica Superiora che ha la residenza in S. Mattia, mentre il Monte della Guardia è governato da una Vicaria.
Ogni due anni la Vicaria con nove suore di S. Mattia sale al monte e le nove del monte ritornano a S. Mattia. Il sodalizio si rivela vantaggioso per entrambi i Monasteri. Dal Monte si provvede al piano per quanto riguarda i mezzi di sussistenza, in caso di pericolo per l’una o l’altra famiglia le Monache trovano rifugio presso le consorelle.
Agli inizi del ‘300 si comincia a portare la Sacra Immagine della Madonna di S. Luca in processione a Bologna per invocare la protezione da varie calamità: in queste occasioni l’ immagine viene accuratamente custodita nel convento di S. Mattia. In seguito verranno impartite indulgenze a tutti i luoghi visitati dalla Madonna di S. Luca. La prima Processione risale al 1301, la seconda al 1365. A partire dal 1433 i Rappresentanti la Nazione stabiliscono che la Sacra Immagine venga portata ogni anno in città per le Rogazioni. Quando scende dal Monte della Guardia la Madonna viene ospitata presso il Monastero di S. Mattia, dove le Monache la ornano di preziosi gioielli e la espongono al culto fino al lunedì mattina; terminate le processioni, il mercoledì pomeriggio viene ricondotta in S. Mattia, da dove riparte alla volta del Monte della Guardia il giovedì.
La tradizione si perpetua attraverso i secoli tanto che nel 1799 in occasione di ripetuti terremoti i Bolognesi fanno scendere in città la Sacra Immagine da cui si sentono particolarmente protetti.
Il 12 marzo 1533 le Monache di S. Mattia acquistano dai padri di S. Francesco un terreno ortivo che, a partire dalla via S. Isaia, si estendeva fino alla via Ca’ Selvatica. Su quel terreno costruiscono la chiesa, anch’essa dedicata a S. Mattia. Il portico della chiesa viene arretrato rispetto ai confini della proprietà, in modo che risulti allineato con quello del Monastero: di conseguenza viene anche raddrizzata la strada S. Isaia.
La Chiesa e il portico attuali vengono terminati nel 1584. Il chiostro, da cui si può vedere il campanile del 1594 ben conservato, è parzialmente databile al XV secolo.
Nel 1799, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi operata dal governo napoleonico, la chiesa viene isolata dal convento, sconsacrata e ridotta a magazzino militare. Il recente restauro a cura del Ministero dei beni culturali ha messo in luce quanto resta di stucchi ed affreschi, mentre il recupero dell’immagine esterna ha contribuito alla riqualificazione della centrale via S. Isaia.
La chiesa di S. Mattia, attualmente di proprietà demaniale, è oggi sede di esposizioni e convegni.
Poche, invece, sono le informazioni sui locali che oggi ospitano l’Istituto. Ne ricaviamo alcune dalla presentazione di Raffaella Bruni della mostra di Severino Maccaferri dal titolo: “1960. Fatti e misfatti”. Tale complesso ha attraversato la storia della città e, ” dopo la acquisizione all’edilizia civile, è stato oggetto di numerosi passaggi di proprietà e cambi di destinazione d’uso aggressivi e radicali. Subito dopo gli espropri napoleonici l’edificio […] fu trasformato in abitazioni. Nel 1826, date le precarie condizioni, fu svenduto a Pietro Audinot, commerciante di canape, e, al fallimento di quest’ultimo, al banchiere Giuseppe Insom. Di mano in mano, di trasformazione in trasformazione, nel 1920 – era assessore Mario Longhena – fu venduto al Comune di Bologna che già lo utilizzava, da tempo, come scuola. Il complesso ospitava le Scuole Manzolini – praticamente negli stessi locali in cui si trovano oggi – e la scuola di Avviamento Agrario Certani. La scuola Certani era collocata nell’ala ovest del chiostro; si entrava dalla scala che conduceva all’ex Museo della Resistenza e le aule, variamente distribuite, occupavano il primo piano della manica di ponente, dove ora l’Amministrazione Comunale ha collocato gli uffici dell’Istituto Parri.