Nato a Pinerolo (Torino) il 19 gennaio 1890 da una famiglia di origini marchigiane, è il quarto di cinque figli. Nella sua formazione incide la figura del padre Fedele, insegnante di lettere di tradizione politica mazziniana. Si laurea in Lettere nel 1913, approfondendo gli interessi per la storia e gli studi economici e sviluppa molto presto una forte attenzione per la politica nazionale, schierandosi su posizioni fortemente critiche nei confronti dell’Italia giolittiana. Chiamato al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, si distingue per capacità militari che gli consentono di ricevere tre medaglie d’argento. Rimasto ferito nel 1917, è costretto a lasciare il campo di battaglia e collaborare con il Comando Militare Supremo, partecipando all’organizzazione strategica della decisiva controffensiva di Vittorio Veneto.
Nell’immediato dopoguerra affianca al mestiere d’insegnante quello di giornalista. Dopo una breve esperienza per il Corriere della Sera, poco meno di un mese dopo la scomparsa di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924) fonda con Riccardo Bauer Il Caffè, quindicinale di denuncia del regime fascista che nel suo primo numero porta un pezzo, a sua firma, dal titolo: Il nostro posto. Quando, nel 1925, la rivista viene chiusa, Parri continua a contrastare il fascismo, impegnandosi per la diffusione della stampa clandestina, per l’assistenza legale dei perseguitati politici e per l’espatrio di antifascisti: è tra i protagonisti, insieme a Carlo Rosselli e Sandro Pertini, della celebre fuga in Corsica di Filippo Turati, nel dicembre 1926. Rientrato in Italia viene arrestato a Marina di Massa insieme a Rosselli. Processato prima a Savona (1927) poi a Roma (1930) sconta la pena in diverse carceri (Massa, Savona, Civitavecchia, Roma e Palermo) e viene inviato in quattro diversi luoghi di confino (Ustica, Lipari, Campagna e Vallo di Lucania). Amnistiato per il decennale della Marcia su Roma (1932), torna in libertà nel 1933 e inizia a vivere due vite parallele: quella ufficiale, come dirigente della Edison e quella clandestina, nella quale ha continui contatti con Giustizia e Libertà, movimento fondato da Rosselli durante l’esilio francese.
Dopo l’8 settembre 1943 impugna nuovamente le armi: col nome di battaglia Maurizio diventa una delle figure più autorevoli della Resistenza. Le competenze militari, la ventennale e ferma opposizione al fascismo, le posizioni non estremiste lo rendono la figura ideale per formare e coordinare i primi nuclei partigiani nel Nord Italia e assumere la guida del Comando militare dei partiti antifascisti. Tra i fondatori del Partito d’Azione, è suo rappresentante nel Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia e, come capo militare delle brigate Giustizia e Libertà, è vicecomandante, insieme a Luigi Longo per il Partito Comunista Italiano, del Corpo Volontari della Libertà. Arrestato dalla Gestapo il 2 gennaio 1945, è prima detenuto presso la sede del Comando delle SS a Milano poi, per quasi due mesi, nel carcere di Verona quando viene liberato dopo una complessa trattativa tra vertici militari tedeschi e angloamericani.
Dopo la Liberazione, l’Italia necessitava di un governo capace di guidare la complessa transizione postbellica e gettare le, altrettanto difficili, basi per la ricostruzione: il 21 giugno 1945 Parri viene incaricato di guidare il governo composto da tutte le forze antifasciste (partito democristiano, comunista, socialista, azionista, liberale e demolaburista). Nato da un compromesso politico, animato da ambiziosi progetti riformatori (riforma fiscale ed epurazione dei quadri statali fascisti) e, infine, attraversato da difficoltà (crisi economica) e tensioni (spinte separatiste nel Meridione, opposizione dei ceti industriali e profonde diversità ideologiche tra i partiti) il governo ha vita breve: il 24 novembre Parri rassegna le dimissioni.
Segretario del Partito d’Azione dal 1945, nel febbraio 1946 in seguito a tensioni interne che contrapponevano l’ala di sinistra da quella liberaldemocratica, appartenendo alla seconda Parri lascia il partito e fonda – insieme ad Ugo La Malfa – la Concentrazione Democratica Repubblicana con la quale concorre alle elezioni del 2 giugno 1946. Eletto nella circoscrizione Collegio Unico Nazionale, partecipa ai lavori dell’Assemblea costituente.
Nominato senatore di diritto nella I legislatura (1948-53) tra le fila del Partito Repubblicano Italiano, nel 1953 si oppone alla linea ufficiale del partito – favorevole alla proposta della nuova legge elettorale (“legge truffa”) ed è tra i fondatori dell’Unione Popolare. Quando partito confluisce nel Partito Socialista Italiano (1957), Parri viene eletto senatore come indipendente per la III legislatura (1958-63). Rieletto al Senato nel 1963, nello stesso anno viene nominato senatore a vita.
Al mestiere della politica, Parri affianca la mai sopita passione giornalistica. Nel 1963, insieme ad Ernesto Rossi, è fondatore del quindicinale L’Astrolabio: quindicinale, e poi mensile, rivista capace di raccogliere vivaci dibattiti sul mondo della sinistra italiane, e battaglie politiche e sociali, su tutte la ferma condanna alle organizzazioni neofascisti, o i “No” per i referendum contro le leggi su Divorzio e Aborto.
A caratterizzare, però, l’intera vita repubblicana di Parri è un obiettivo preciso: conservare la storia e la memoria della Resistenza. Per questa ragione, nel 1949, è il promotore della fondazione dell’Istituto Nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (attuale Istituto Nazionale Ferruccio Parri, ente capofila della rete che coordina gli istituti storici provinciali, tra cui l’istituto di Bologna), mantenendo – fino al 1972 – la carica di Presidente.
Muore a Roma l’8 dicembre 1981.